Viviamo in uno stato cronico di stress e ansia, sommersi dai ritmi frenetici della vita e funzioniamo in modo automatico, senza renderci pienamente conto di ciò che facciamo; proprio come quando guidiamo l’automobile premiamo l’acceleratore e la frizione ingranando le marce.
La mente vaga: pensieri, cose da fare, giudizi, passato e futuro.
Siamo parzialmente consapevoli del presente, infatti spesso mangiamo senza gustare, guardiamo senza vedere, udiamo senza ascoltare e perdiamo una parte della nostra vita perché non siamo del tutto presenti mentre la viviamo. Quando poi proviamo a prestare attenzione scopriamo che è difficile restare presenti a lungo.
Cominciamo a meditare
Fermiamoci almeno tre minuti al giorno durante i quali cerchiamo di osservare qualsiasi cosa si presenti alla nostra mente, da osservatori senza pregiudizio, accettando semplicemente i nostri sentimenti, sensazioni, pensieri, esperienze attimo per attimo.
Possiamo provare seguendo il nostro respiro per tre minuti (possiamo programmare la sveglia).
Terminati i tre minuti chiediamoci
- cosa è successo
- quante volte la mente si è distratta e abbiamo perso la consapevolezza del respiro
- cosa sarebbe successo se avessimo continuato per 10, 30, 60 minuti.
Quando la mente si agita anche il corpo lo fa e allora cominceremo a sentire il bisogno di cambiare posizione o fare altro. Non appena iniziano le sensazioni di intorpidimento o di dolore diventiamo irrequieti, ci distraiamo e ci muoviamo prima ancora di pensare di farlo.
Nella meditazione il pensiero non è un male né un bene. Ciò che importa è la consapevolezza dei pensieri e delle emozioni, momento per momento e il modo in cui rispondiamo.
Imparare a meditare significa imparare ad osservare deliberatamente l’attività della mente senza rimanere coinvolti, quindi senza giudicare e valutare, ma dirigendo gentilmente ma con fermezza l’attenzione dove vogliamo, lasciando che le nostre esperienze scorrano liberamente, di momento in momento e accettandole così come sono.
Nel training autogeno lo scopo è il rilassamento, mentre nella meditazione l’unico scopo è dirigere l’attenzione e non fare, ma osservare e basta, lasciare andare, che è l’opposto di controllare.
La meditazione come effetto secondario dà:
-
- maggior conoscenza di sé e accettazione dello stato attuale (“accogliere”)
- riconoscimento delle risorse interne (che servono per guarire)
Bibliografia essenziale
- Jon Kabat-Zinn (2004) Vivere momento per momento Corbaccio editore.
- Segal Z.V., Teasdale J. D., Williams J. M.G. (2002) “Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero” Bollati Boringhieri 2006 + 2CD